Alpinismo invernale sulle Apuane: alla ricerca di canali impervi e di antiche leggende. Anche quest’anno ho deciso di non lasciar scivolare via l’inverno, senza cimentarmi in almeno una via alpinistica con picche e ramponi!
Causa impegni di entrambi, io e Luc non siamo riusciti ad organizzare una uscita adrenalinica insieme, come di consueto: è così che ho approfittato dei programmi “montani” dell’associazione Pro-Rock e, sul finire dell’inverno, mi sono aggregato ad una uscita entusiasmante: dal Piglionico fino al rifugio Rossi alla Pania e, da li, all’imbocco della Borra di Canala fino all’ingresso del magico canale scalato, per la prima volta il 29 Marzo 1931, da G.V. Amoretti e D. Di Vestea.
Dopo le escursioni dello scorso anno sempre nella zona delle Panie: Il fascino delle Apuane da Borra Canala fino alla Pania della Croce e quella sul Monte Corchia
Il canale termina poco sotto la cresta sommitale della Pania della Croce, per la precisione al Colle della Lettera, giusto lungo la via normale che sale dal Vallone dell’Inferno (e che abbiamo utilizzato per il ritorno al rifugio e quindi al Piglionico).
Direzione rifugio Rossi alla Pania
Di buon mattino io, Davide e Franco (la mitica guida di Pro-Rock) ci dirigiamo verso il Piglionico, località di partenza per il rifugio Rossi.
Alle 7.30 siamo già a destinazione e, preparato lo zaino con la dotazione alpinistica invernale, proseguiamo lungo la strada, oltre la cappella, fino a quando la carreggiata si fa sentiero; raggiunto in breve un crocevia (1000 mt circa s.l.m.) imbocchiamo decisi il sentiero n° 7 che è la via normale per il rifugio Rossi e poi per La Pania della Croce.
Si tratta di un sentiero facile, in buona parte dentro una splendida faggeta, che sale con frequenti e stretti tornanti. Ben presto, tuttavia, siamo costretti a calzare i ramponi: il fondo è coperto da uno spesso strato di ghiaccio vetrato che cede il passo alla neve dura solamente dopo aver guadagnato un po’ di quota.
Finalmente usciamo dal bosco e ci troviamo davanti ai pendii innevati che salgono rapidamente verso il rifugio; la vista, adesso, ripaga ampiamente la fatica: sulla nostra sinistra la Pania Secca con la sua avvincente Cresta Est, davanti a noi l’Uomo Morto dall’inconfondibile profilo, sulla destra – severi – la Pania della Croce ed il Pizzo delle Saette. In breve, volgendo il cammino dolcemente a destra, arriviamo al rifugio (circa 1h30’ dalla partenza): la costruzione CAI è proprio sotto le pendici del Naso dell’Uomo Morto, ai primi di Marzo ancora completamente avvolto dai ghiacci.
Il Canale Amoretti – Di Vestea fino al Colle della Lettera
Giunti al rifugio ci “vestiamo” (imbraco, casco, cordini, fettucce, moschettoni etc) e ci leghiamo con una mezza corda per la progressione in sicurezza; è ancora presto e la neve è dura e impegnativa fino là, alla Foce del Puntone, dove inizia il Vallone dell’Inferno.
Da qui scendiamo verso la Borra di Canala (il profondo canale incassato tra le pareti della Pania e del Pizzo delle Saette da una parte, e l’altopiano della Vetricia dall’altra) mantenendoci alti, a ridosso dei contrafforti rocciosi che scendono dalla cresta sommitale della Pania della Croce, “Regina delle Apuane”.
In 40’ dal rifugio siamo all’imbocco della via di salita: ci assicuriamo ad uno spit e prepariamo la cordata alpinistica. Da quel momento sono tre ore intense e avvincenti di progressione lungo un pendio tra i 45 ed i 50 gradi (in alcuni passaggi ghiacciato), interrotte solo dalle soste che Franco “attrezza” con grande maestria lungo la parete destra del canale.
Alle nostre spalle, giù in basso, la Borra di Canala innevata e splendente sotto il sole di marzo e l’altopiano carsico della Vetricia; in alto i terminali rocciosi del Colle della Lettera, all’uscita della via.
È emozionante trovarsi a tu per tu con la natura: io, la fatica, la roccia gelida della Pania ed il ghiaccio rotto solo dai colpi dei ramponi e delle piccozze! Ancora una volta, penso, questa montagna ci sta lasciando salire!
Ancora una volta madre natura ci sta insegnando la convivenza nel rispetto! Dopo cinque “tiri di corda” vediamo la fine del percorso; il sole fa scintillare i cristalli di neve del Colle della Lettera; sulla nostra destra la breve cresta sommitale che conduce alla Croce della Pania; a sinistra la ripida discesa per il Vallone dell’Inferno e la foce del Puntone.
Un’ora e siamo di nuovo al ricovero CAI; ci concediamo, esausti, un piatto abbondante di pasta al pomodoro. La giornata alpinistica volge al termine; il rifugio è diventato ora punto di incontro delle cordate che si sono avventurate per i ghiacci del gruppo delle Panie.
In un’altra ora, ripercorrendo a ritroso il sentiero n° 7, siamo nuovamente al Piglionico.
KALIPE’, con passo lento e corto!!!
La leggenda dell’uomo morto
Tra la Pania della Croce e la Pania Secca si staglia chiaro – visibile sia dalla Versilia che dalla Lucchesia – il profilo di un gigante addormentato. Per noi versiliesi un profilo da sempre conosciuto come “Uomo Morto”. La leggenda, legata a quello che semplicemente è un fenomeno erosivo dell’orogenesi delle alpi Apuane, è comunque molto bella e affascinante:
Si racconta che tanti e tanti anni fa la Pania della Croce e la Pania Secca non erano unite e in mezzo si trovavano vasti prati da dove era possibile scorgere il mare e dove i pastori conducevano ogni estate i loro greggi a pascolare.
Un giorno, un pastore e una pastorella si incontrarono su quei pascoli, trascorsero tempo insieme e tra i due fanciulli nacque l’amore; ma sul finir dell’estate, il giovane pastore iniziò a trascorrere sempre più tempo da solo. Il ragazzo pensava alle navi, al commercio e alla ricchezza che avrebbe potuto trovare lontano dalle montagne. La fanciulla iniziò a preoccuparsi per lui; gli rivolgeva molte domande e gli prestava ogni genere di attenzione, ma il giovane era assorto in altri pensieri. Quando giunse il tempo di lasciare gli alpeggi, il giovane confidò alla sua fedele amica che avrebbe lasciato le montagne per andare a fare il marinaio e conoscere il mondo. Così un giorno partì verso il mare.
La giovane pastorella rimase sola sulle montagne senza perdere la speranza, neppure per un momento, di vedere un giorno tornare il suo innamorato sui pascoli montani. Passarono i mesi, gli anni, ma il pastorello non tornò più. La pastorella trascorreva lunghe ore a guardare fissa il mare, pregando il Signore che facesse tornare il suo perduto amore. Di lei si era accorto, nel frattempo, un giovane ragazzo che era salito sui pascoli della Pania per la prima volta quell’estate. Affascinato dalla bellezza della giovane che la tristezza aveva reso ancor più attraente, aveva cercato con ogni mezzo di parlare alla ragazza, ma ella fuggiva dalla sua presenza senza rivolgergli una sola parola. Un giorno la pastorella raccontò la storia del suo sfortunato amore, ma ogni sforzo del ragazzo per farle dimenticare le sue pene fu vano.
Il ragazzo salì in vetta alla Pania e chiese a Dio che gli venisse suggerito il modo per far dimenticare alla fanciulla il suo amore. Gli fu rivelato che l’unico sistema sarebbe stato quello di impedire alla pastorella la vista del mare; ma per fare questo egli avrebbe dovuto sacrificarsi, stendendosi a terra e lasciare che il suo volto venisse trasformato in quello di un gigante di pietra che avrebbe unito le due Panie, nascondendo la vista del mare. Il giovane pastore per amore della fanciulla accettò e, da quel giorno, il suo volto fu impresso tra le montagne e venne ricordato da tutti come “l’uomo morto”.
Raccomandazioni
Si tratta di percorso alpinistico invernale molto impegnativo: pertanto esso va intrapreso solamente con guide alpine, istruttori CAI, o comunque con persone molto esperte di questo tipo di montagna, dei sistemi di sicurezza nella progressione alpinistica e della attrezzatura da usare.
La nostra giornata in breve:
Accesso: Località Piglionico
Punto di appoggio: Rifugio Rossi alla Pania
Tipo di via: Alpinistica
Difficoltà: AD
Attrezzatura: Alpinistica invernale
Durata: 7 ore circa
Periodo suggerito: 1 febbraio – 15 marzo