Siamo a Mandalay da quattro giorni quando, per raggiungere la zona archeologica di Bagan, o Regno di Pagan, ci imbarchiamo su un battello e risaliamo l’ampio corso dell’Ayeyarwady per dieci lunghe e rilassanti ore che ci porteranno alla nostra prossima meta in un viaggio emozionante in Myanmar conosciuto anche come Birmania.
Un viaggio in barca di 10 ore sul fiume Ayeyarwady
Partiamo di prima mattina, come al solito trovare la barca che abbiamo prenotato, tra le mille ormeggiate, è un’impresa epica, non ci sono molte indicazioni o cartelli e, quei pochi che ci sono, magari sono scritti in lingua birmana quindi illeggibili, e anche fidarsi dei taxisti o dei guidatori di tuk tuk non è sempre una sicurezza, sostengono sempre di sapere dove si trova una certa via, o la fermata del bus, o l’imbarcadero sul quale imbarcarci per non perdere la corsa, ma poi iniziano a girare a vuoto, non sanno dove andare, si fermano a chiedere informazioni, magari a chi ne sa meno di loro. Un caos.
Ma oramai abbiamo capito come funziona e lasciamo l’hotel con largo anticipo.
Mandalay Bagan via fiume. Un viaggio rilassante e pieno di sorprese
Dopo giorni sfrenati, assolati, pieni di cose da vedere queste ore cadono come manna dal cielo. Ore per immagazzinare le cose vissute, ma anche per leggere un libro, o riposare assaporando lo scorrere lento del fiume.
Per chilometri sulle sponde scorgiamo solo poche baracche, ogni tanto tra gli alberi svetta qualche templio, o complesso monastico, incrociamo altre imbarcazioni come la nostra e poco altro.
A metà percorso facciamo una sosta in un villaggio particolare.
Soste sul fiume Ayeyarwady alla scoperta dei villaggi birmani
Per scendere sulla terra ferma camminiamo su dei pali traballanti, scavalcando di barca in barca.
Fabbricazione dei vasi di fango
La fermata è d’obbligo, in questo villaggio fabbricano le mie famose oncie per l’acqua!
Stese al sole ad asciugare ce ne sono migliaia. Gli uomini raccolgono dal letto del fiume l’argilla necessaria e le donne sono addette alla manifattura.
C’è un silenzio in questo posto, ci sono pochissimi turisti, si respira una pace e una tranquillità mai avvertita prima. Sorridono gli abitanti di questo luogo fuori dal mondo, come se fossero custodi di un segreto che solo a loro è dato conoscere.
Nelle foto seguenti vediamo una donna intenta alla lavorazione del fango, il cortile di una casa e il suo interno, nel particolare il giaciglio sul quale riposano.
Bagan – Birmania
Arriviamo a Bagan verso sera e siamo presi d’assalto dai conduttori dei taxi. Per i pochi chilometri da percorrere per arrivare in città chiedono cifre esorbitanti. Se ne approffitano, non ci sono altri mezzi di locomozione, a piedi sarebbe impossibile, visto anche la scarsa elettricità per le strade. Ma anche questa è una cosa che abbiamo imparato e dividiamo un taxi con un’altra coppia con la quale abbiamo fatto amicizia sul traghetto.
Prima di proseguire, però, il taxi si ferma davanti ad una piccola costruzione in legno, dobbiamo pagare una tassa per entrare nella zona archeologica, tassa che ci consentirà di girare liberamente per alcuni giorni, fino a scadenza. La stessa tassa la dovremo pagare prima di entrare nella zona del Lago Inle.
Bagan, Patrimonio Unesco dal 2019
L’area di Bagan è enorme; quasi dieci chilometri quadrati inseriti nel 2019 nei siti Patrmonio Unesco
La terra è rossa, la polvere copre ogni cosa, entra nel naso, in gola, ammassa i capelli. Non fa più caldo umido come a Yangon e, anzi, l’escursione termica è notevole.
Per prima cosa noleggiamo un motorino. Eh sì, l’area è così vasta che questo mezzo consente di girarla in piena libertà.
Bagan e lo spettacolo delle mongolfiere
La mattina dopo ci alziamo prestissimo. Siamo emozionate. Saliamo sul nostro destriero a motore e iniziamo quello che sarà uno dei momenti più belli di tutto il nostro viaggio: assistere all’alba all’ascesa delle mongolfiere.
Scopriamo subito che le strade sono viottoli pieni di buche profonde e sabbiose, il motorino slitta, si piega di lato, si impantana, affonda. Dobbiamo scendere e spingerlo. Perdiamo la strada un paio di volte, è buio pesto e non vediamo niente, fa un freddo polare ma non ci perdiamo d’animo. Arriveremo ai vari punti di osservazione in tempo. Così è.
Lo spettacolo lascia sbalorditi e le foto non rendono giustizia. Salire in mongolfiera costa una cifra esorbitante e sicuramente ne vale la pena ma anche da terra lo scenario non delude.
I templi di Bagan ci lasciano senza fiato
La pianura costellata di templi, che nel corso dei secoli è stata preda di razzie, incurie e sismi oggi è una delle zone più belle di tutta la nazione. I sovrani di Bagan, verso l’anno 1000, commissionarono la costruzione in mattoni e stucco, di oltre 4000 templi buddisti. Molti di questi non esistono più, specie dopo l’ultimo devastante terremoto del 2016, ma la maestosità del sito rimane ancora oggi intatto.
La guida ci racconta di come tra i reali facessero a gara per costruire il tempio più grande e maestoso. Una leggenda narra che un reale, dopo la costruzione del suo grandissimo tempio, che fungevano anche da tombe, fece tagliare le mani ai suoi operai così che questi non potessero più fare un’altra costruzione simile.
Ancora si dice che i mattoni dovevano essere uniti tra loro in modo da non lasciare passare neanche un filo d’erba, ed era lo stesso reale ad accertarsene e, se così non era, la costruzione veniva demolita e i poveri operai puniti severamente.
Il buddah in piedi Bagan Birmania
In uno dei templi troviamo un raro Buddha in piedi, che sta a significare la protezione del maestro dalle paure dei fedeli.
In un altro troviamo un Buddha talmente grosso che occupa tutto il corridoio… un visitatore un poco robusto avrebbe difficoltà a passare!
Tra una visita e l’altra ci prendiamo qualche momento di relax, e scherziamo un po’.
Tra i templi troviamo signore che vendono suovenir, uomini che vogliono a tutti i costi farci da guida e bambine che per pochi spiccioli decorano le guancie con la pasta di Thanakha.
La pasta di Thanakha
La pasta di Thanakha rinfresca la pelle, ma soprattutto la protegge dal sole. E’ una crema giallina che si forma diluendo con acqua un tronchetto di questa pianta, simile al sandalo. Qui viene usata da tutti, uomini e donne. Ci piace farci decorare il volto soprattutto per la vicinanza a queste simpatiche e bellissime bambine con le quali scherziamo e ridiamo.
Bagan è divisa in due zone ben distinte, Old Bagan dove si trova l’aerea archeologica e New Bagan dove si trovano gli alberghi e i ristoranti. In Myanmar non accettano carte di credito, o solo in pochissime recezioni, e per i pagamenti in moneta locale, il Kyat, è necessario cambiare i dollari, ma solo quelli freschi di banca, non ancora usati. A Bagan abbiamo avuto difficoltà di cambio, è meglio farlo prima di arrivare in questa zona.
In visita al monte Popa
Ci concediamo una tregua dalla polvere rossa di Bagan e, con un pulman collettivo, dopo tre ore di viaggio arriviamo in vista del Monte Popa.
E’ impressionante quando ce lo troviamo davanti!
Il monte è una sorta di Olimpo birmano ed è la dimora spirituale dei ben noti 37 nat del Myanmar, quindi uno dei luoghi più frequentati per il loro culto.
I nat sono spiriti che invitano a fare il proprio dovere, si ritiene che esercitino un potere su luoghi, naturali o costruiti dall’uomo, persone o esperienze. Spesso li troviamo accanto al Buddha nell’apposita nat-sin, casa degli spiriti. Il santuario dedicato ai nat sono noci di cocco avvolte in un turbante e appese sopra un piattino o una ciotola per le offerte.
Monte Popa Myanmar
E’ una formazione vulcanica alta 737 metri, sormontato da un templio buddhista dorato che si raggiunge salendo 777 gradini rigorosamente a piedi nudi, sui quali hanno dimora decine e decine di scimmie!
Queste deliziose creature di ogni grandezza e età mangiano quello che viene loro donato dagli umani, decine di uomini lavano in continuazione con degli stracci umidi gli scalini dai loro escrementi… l’esperienza, vi assicuro, è unica.
Alcune rampe di scale… non finivano mai.
Dalla cima del monte si apre una meravigliosa vista della pianura… ma non bisogna abbassare la guardia, i macachi sono ovunque, pronti a prendere qualunque cosa una persona abbia addosso: occhiali, cellulare, cappello…
Scendendo dal Monte Popa ci rifocilliamo nel tranquillo e ordinato paesino visto dall’alto. Ci accoglie uno splendido mercato di frutta e verdura, patatine fritte made in Myanmar e birra, naturalmente.
Tornando verso Bagan ci imbattiamo in una partita di pallone.
In una venditrice di thè
Un tipico ristorante birmano
Visitare Bagan è stata un’esperienza davvero unica
Nonostante sia un sito altamente visitato, Bagan è stata un’esperienza unica nel suo genere, la libertà di movimento data dalle quattro ruote, l’immensità geografica del luogo e di conseguenza con scarsi assemblamenti di turisti, l’atmosfera magica che si respira dietro ogni angolo, unita ai colori della terra, alla storia che racconta e alla ricerca effimera della grandezza, fanno si che questo luogo sia, paradossalmente, irrisistibilmente affascinante e fuori da ogni schema turistico.
Su questo ragioniamo mentre saliamo sull’altissima torre, costruita in tempi recenti che domina a trecentosessanta gradi la vasta pianura, per un ultimo saluto al Regno di Pagan.