Cammino Portoghese Espiritual

Il camino portoghese Espiritual è stato il primo che negli anni ho affrontato. Sono stata da sempre affascinata e curiosa per il fatto che centinaia di migliaia di persone raggiungessero questo luogo ogni anno dalla Francia, dalla Spagna e dal Portogallo.

I cammini per Santiago sono una ragnatela di percorsi che partano da varie zone: Inghilterra, Francia, Spagna, Portogallo, per riunirsi tutti a Santiago de Compostela, al centro della splendida piazza dove si trova il km 0.

Camino portoghese Espiritual mappa

Camino portoghese Espiritual Mappa
Camino portoghese Espiritual Mappa

Da Baiona a Nigran,
prima tappa del mio camino portoghese Espiritual

Il gruppo con il quale viaggio ha deciso di percorrere quello portoghese che parte da Lisbona. Noi ne percorriamo soltanto gli ultimi 140 Km.

Dopo aver dormito a Porto, città dove si vedono le sofferenze della crisi, muoviamo i primi passi da Baiona, uno splendido paesino affacciato sul mare del primo dei tre fiordi di Galizia che percorreremo.

In una piccola chiesa di pietre grigie prendiamo la nostra Credencial del Peregrino, documento che dimostrerà, attraverso timbri, il cammino percorso. È una certificazione di passaggio per documentare il tratto di cammino compiuto. Chi ci apporrà il timbro, che sia il proprietario di un bar, di un ostello, di un punto qualsiasi di ristoro, il sacerdote di una chiesa o di un monastero, scruterà le scarpe, guarderà lo stato fisico cercando nei volti la fatica, si accerterà che si viaggi a piedi dalla polvere posata sugli abiti. Questo libretto lo dovremmo presentare a Santiago per avere la Compostela, documento ufficiale che certifica senza ombra di dubbio il cammino percorso.

Usciti dalla chiesa guadagniamo i primi passi ed è una grande emozione trovare sul selciato la prima freccia gialla che indica la direzione, la prima conchiglia di San Giacomo aperta a formare un ventaglio. Per giorni saranno il nostro punto di riferimento, le nostre stelli polari.

Freccia e conchiglia
Freccia e conchiglia

Attraversiamo il paese e percorriamo il fiordo per ore, sopra spiagge, insenature, scogliere. Il mare, alla nostra sinistra, diviene un elemento costante. È bello, di un azzurro intenso, un verde luccicante. Assistiamo al rito della bassa marea, al sole che piano piano scende all’orizzonte.

Baia di Baiona
Baia di Baiona

Il primo pensiero che mi trapassa il cervello è che devo ricordarmi di tutto, di ogni sasso, conchiglia, legnetto, pietra, zolla di terra, albero, fiore, pozzanghera, onda.
Devo bermi lentamente questo viaggio come fosse un bicchiere d’acqua. Mi deve riempire e scorrere nel corpo fino alle dita, alle unghie dei piedi. Acqua che rigenera, dopo essere stata così a lungo assetata. Raccolgo dalla sabbia un piccolo sasso grigio chiaro, me lo rigiro tra le mani, lo spolvero. Lo sento caldo di sole, ruvido, vivo. Dentro una tasca dello zaino mi farà compagnia per tutto il viaggio, lo deporrò nella cattedrale, sulle spoglie di San Giacomo.

Da Nigran a Redondela: Secondo giorno

Chiesa oia

È solo la mattina del secondo giorno ma ho già i miei riti, sono i piedi a occupare gran parte del tempo prima della partenza, un poco di stretching alle caviglie, un massaggio con una crema che rende la pelle morbida e liscia, poi i calzini, le scarpe. Sono importanti i piedi, la cosa che conta di più, me ne prendo una cura maniacale. Ho paura che mi si formino piaghe, vesciche. Voglio camminare senza dolori, o almeno mi dico che devo fare di tutto perché ciò non accada.

Lasciamo il mare e le colline ci accolgono morbide, è un susseguirsi di chiese, monasteri. Sono tutti in pietra grigia, la struttura essenziale. Il cammino vi si snoda vicino e mi immagino nell’antichità i veri pellegrini che avanzavano pregando da una chiesa all’altra. Un percorso Espiritual e mi chiedo cosa abbiamo noi oggi di spirituale.

C’è odore di terra bagnata, il verde del fogliame nel sottobosco e delle alte piante luccica. Il sentiero è di terra battuta, aghi di pini lo definiscono. Ma poi ecco che all’improvviso, dopo una curva, il mare è di nuovo con noi, splendido sotto il sole del tardo pomeriggio, è il secondo fiordo della Galizia quello in cui entriamo.

Foto mare vigo

Da Redondela a Pontevedra: Terzo giorno

La sera il sole tramonta tardissimo, alle ventitré c’è ancora chiaro. Forse è per questo che mentre inizio la giornata i negozi sono ancora chiusi, in giro non si vede nessuno. Questo, il primo dopo chilometri che mi appresto ad attraversare, è un paese fantasma, non incontro bambini che vanno a scuola, né persone che si apprestano al lavoro. Dormono fino a tardi gli spagnoli, i negozi aprono alle dieci, la scuola alle nove. Rinuncio a comprare della frutta, un panino.

Mi immergo tra le case mentre i loro abitanti salutano il nuovo giorno. Sono così vicina che posso ascoltare i loro respiri, respirare i loro odori. Mi arrivano profumi di caffè, buoni sentori di cibi sconosciuti. Passo tra le case così vicina che sbircio dentro alle porte accostate, noto le abitudini, gli usi, potrei allungare una mano e toccare i panni appena lavati stesi sui fili in attesa che il sole se li prenda.

Mi fermo e mi chiedo se possiamo. Se posso invadere la loro intimità, con quale diritto posso calpestare questi vicoli. Mi sento una ladra, forse se mi fermassi, se diventassi parte di questo paesaggio anche per un’ora, per un giorno, sarebbe come una sorta a chiedere perdono per questa intrusione ma non posso fermarmi, sono solo di passaggio, questione di attimi, di passi e poi svanirò lontano.

Nicchia Pontevedra

Sento sbattere una porta. Il paese è deserto ma non è così. Mi guardo di nuovo intorno e mi sento perdonata. Loro non si vedono ma ci sono, hanno lasciato dei messaggi. In ogni dove ci sono conchiglie di cemento incastrate nelle pareti delle mura, sopra le porte, appese ai cancelli, alle finestre. Vedo frecce intagliate nei portoni di legno, applicate a decorare i balconi. Faccio pochi passi e mi imbatto in una nicchia scavata in una parete. Dentro c’è di tutto: santini, rosari, bamboline, conchiglie, scritte, fotografie. E’ come se dicessero: potete, potete passare, noi ci siamo, siamo con voi, non siete soli, andate, Buen Camino.

Pontevedra è una cittadina vivace, piena di gente, di bambini, di bar e ristoranti all’aperto come solo una città spagnola può esserlo. Una doccia veloce, liberiamo i piedi dalle scarpe indossando un paio di sandali (non prima delle stesse cure della mattina) e la città ci si apre intorno. E’ bella, pulsante di vita, di giardini puliti, di persone che stazionano a parlare, ridere. La stanchezza è lontana, è l’ora della civiltà, del buon cibo. Nel bagno della mia camera manca il cerchio del wc, il copriletto è pieno di macchie non molto identificabili, manca la carta igienica, ma non mi importa, pazienza.

Pontevedra
Pontevedra – Photo credit: jl.cernadas on Visual Hunt / CC BY

Quarto giorno: Pontevedra Armenteria

Lasciamo Pontevedra, ci attendono quasi trenta chilometri oggi. Visitiamo il Monastero de Poio, austero e silenzioso, con un chiostro verdeggiante di fresco.

Mosteiro de poio
Mosteiro de poio

Proseguiamo. Saliamo e scendiamo qualche collina, ci allontaniamo dal mare.

I sentieri sono in mezzo al verde, silenziosi e deserti. Procedo con particolare calma, sento il frusciare del vento e il tintinnio della mia conchiglia legata allo zaino che sbatte contro qualcosa. E’ una cadenza ritmica che va di pari passo con il ritmare dei miei passi. Mi sento in pace, mente e corpo sono in sintonia ed è un piacere, faccio parte di questa natura incontaminata, c’è sintonia, c’è intimità. Una sorta di equilibrio difficile da raggiungere in condizioni normali, nella quotidianità di casa. Qui, adesso, ora, non c’è niente da raggiungere, da volere, desiderare. O da risolvere, accettare, programmare.

Qui, ora, c’è solo il selciato da mordere piano piano, con rispetto, con umiltà.

foto dei piedi

Mi fotografo i piedi, un gesto da bambina, infantile. Ma sono loro che mi portano, sono loro il motore e non mi vergogno del mio gesto. Piedi e mente, ma la mente non posso fotografarla. Se potessi, ora, lo farei.

E poi eccolo ancora, il mare.

Lo costeggiamo, ci fermiamo in un paesino di pescatori, mangiamo polpo alla galega, una specialità. Il polpo è lessato, condito e cosparso di paprica dolce. Un ricetta semplice ma la carne si scioglie in bocca, la paprica pizzica leggermente sul palato e il mare è dentro di noi. Beviamo vino bianco ghiacciato e frizzante. C’è leggerezza nell’aria.

Lasciamo il locale e proseguiamo. Ci aspetta l’ascesa di una collina piuttosto alta, dicono che è faticosa, dicono camminate piano, risparmiate le forze.

Saliamo e lo spettacolo sotto di noi si apre immenso e bellissimo. Il mare, le isole, le coltivazioni di mitili, le città, il verde. Non finirei mai di ammirarlo.

Ci inoltriamo nel bosco. Adesso la fatica si fa sentire. Sono l’ultima della fila, ma non è una novità. Rallento, mi fermo per bere, fare pipì dietro a dei cespugli.

Riprendo ma sono stanca, le gambe iniziano a tremarmi.

Vedo da lontano il campanile del Monastero de Armenteira. Laggiù farò una sosta, una lunga sosta.

Appena fuori dal monastero miro una panchina. Le gambe non mi reggono più tanto mi tremano per lo sforzo. Mi ci butto a sedere. Dicono che il terzo e il quarto giorno siano i più faticosi, finita l’adrenalina dei primi giorni la stanchezza prende il sopravvento, i chilometri fatti piombano sulle spalle, tutto in colpo. Poi ci si abitua.

Sono talmente presa a togliermi le scarpe e i calzini che non mi sono accorta che una signora occupa lo spazio estremo al mio. E’ molto anziana, il volto rugoso, la pelle scurita dal sole, i capelli bianchi, corti.

Sta scrutando ogni mio movimento. Mi guarda mentre mi tolgo le scarpe ultimo modello, ultra leggere, super ammortizzate con suola super tecnologica, ha le mani posate in grembo sopra un grembiulino a fiori sul blu, le dita contorte appena intrecciate e segue ogni mio movimento mentre mi libero dei calzini imbottiti nei posti giusti, rinforzati, areati, ultimo studio in fatto di trekking. Mi fisso nei suoi occhi finemente azzurri, slavati come solo quelli dei vecchi possono esserlo. Cosa sto facendo. I miei piedini curati, levigati, morbidi. I suoi sono dentro vecchie ciabatte, consunte, sporche ma dignitose come tutto di lei. Mi fissa e non dice niente. Cosa dovrebbe dirmi? Chissà cosa pensa di me, di quelli come me, gente viziata, stanca delle solite vacanze che cerca modi alternativi per divertirsi. Mi rimetto i calzini, le scarpe.

Vorrei allungare una mano e toccare la sua, vorrei abbracciarla ma non lo faccio. Resto ancora un attimo seduta accanto a lei. Silenziosamente la ringrazio e le chiedo scusa, sono sul suo cammino ma lei E’ il cammino.

Quinto giorno: Da Armenteria a Villanova de Arousa

Ruta da Pedra e da Agua, la strada di pietra e di acqua, è un sentiero che fiancheggia un ruscello, mulini di pietra ne costellano i fianchi. Fa molto freddo, un’umidità che penetra ma non vorrei essere in nessun altro posto al mondo. L’acqua scende in cascate e rivoli e io con lei. Mi guida e mi insegna che tutto scorre via, tutto passa, ogni cosa è ora ed già passata.

ruta da pedra e da agua
Ruta da Pedra e da Agua

È lo scorrere del tempo che ci segna ma io non so più quanto tempo è passato mentre scendo assieme all’acqua che scorre, forse solo un’ora, forse tre. Il tempo non ha più importanza, non è più un legame, una corda che mi tira e poi mi sospinge via. Il tempo perde la sua potenza, diventa cosa astratta, fatta solo per essere dimenticata.

ruta da Agua
ruta da Agua

Il ruscello sfocia in un fiume ed è quello che costeggiamo. Un fiume lento e sonnacchioso sulla destra, vigneti a perdita d’occhio sulla sinistra. Non c’è niente altro.

Sento un irrefrenabile bisogno di stare sola. Accelero e distacco le poche persone che ho vicino.

E non è vero che non c’è niente altro. Ci sono canti di uccelli, un debole sciabordio di acqua, un frusciare di foglie. A casa, prima della partenza, pensavo che quando avrei camminato avrei interrogato il senso del mio vivere, ripercorso la mia vita, ricordato le gioie, analizzato gli errori, invece no, la mia vita passata è lontana, è come se non fosse neanche qui con me, come se non fosse mia. La vita è adesso, passo dopo passo. Questo camminare è un lasciare continuo, una leggerezza intorno che si fa spazio dentro. Non c’è neanche futuro, quello che sarà dopo adesso non mi riguarda, come se il futuro che mi aspetta, come per il passato, non fosse il mio.

E poi eccolo di nuovo, il mare, per l’ultima volta, il terzo fiordo.

pineta e mare camino espiritual

Sesto giorno: Da Villanova de Arousa a Milagroso

È l’alba. Il mare mi chiama, corro fuori. La bassa marea ha lasciato scoperte spiagge e scogliere. Ma non è quello che mi sorprende, sono le decine e decine di donne chine sulla spiaggia. Cosa fanno, mi chiedo. Mi avvicino a due. Sono cercatrici di vongole. Approfittano della bassa marea per estrarre le vongole dalla sabbia. Lavorano svelte, in silenzio, con metodo, depongono le grosse dentro ad un secchio, le piccole le lasciano sulla sabbia, il mare se le riprenderà. Chiedo loro il permesso per fotografarle, loro mi sorridono appena e mi danno il consenso. Il sole è già alto, rientro, mi preparo.

raccolta frutti di mare

Lasciamo il mare, risaliamo il fiume Ulla a bordo di una piccola barca. A piedi sarebbe una tappa di sessanta chilometri, impossibili da fare.

Abbiamo il vento in faccia, l’acqua scorre veloce. Accostiamo a una coltivazione di mitili, guardiamo il funzionamento della raccolta, del primo lavaggio. Proseguiamo. Ci avviciniamo ad un isolotto. Ci sono tre croci. La giuda ci spiega che qui è affondata la nave che trasportava i resti di San Giacomo.

Le croci ondeggiano sul fiume, c’è pace qui, una sorta di sacralità.

Croci Rio Ulla
Croci Rio Ulla
segnavia 20 chilometri da santiago
Segnavia 20 chilometri da santiago

I resti di San Giacomo furono ritrovati dentro ad una cassa di legno chilometri più avanti, al centro di un campo sotto un cielo stellato, lo stesso luogo dove poi è sorta la città di Santiago de Compostela (campo di stelle). Tutto questo è poetico, me lo sento sulla pelle. E non è l’aria fresca che mi accappona la pelle. E’ che ci stiamo avvicinando, Santiago oramai è alle porte.

Lo vediamo quando riprendiamo il cammino a piedi, ci sono molte più persone adesso, un concentrato di zaini, scarponi, cappelli per ripararsi dal sole. Mancano poco meno di venti chilometri e la tristezza mi assale, tra poco, domani, tutto questo sarà finito.

Settimo giorno: Arrivo a Santiago de Compostela.

Si parte che è ancora buio. Dobbiamo arrivare in tempo per la messa del pellegrino a mezzogiorno. Incontriamo ancora due chiese e poi seguiamo le rotaie di una ferrovia.

Ripenso ai giorni appena trascorsi. Sono stati intensi, ma anche quieti. Sento che mi sono tolta di dosso il superfluo, togliendolo mi sono fatta più ricca. Una ricchezza interiore senza compromessi, che ritorna alle origini, dove il poco era tutto e quel tutto ci faceva sentire bene, soddisfatti, appagati.

Entriamo nella periferia della città. Torniamo nei rumori delle auto, dei clacson, del traffico. Il verde lascia il posto al cemento, ma così deve essere.

Vediamo da lontano le guglie della cattedrale, ma sembrano allontanarsi, non arriviamo mai più. Ci danno il benvenuto aiuole fiorite, giardini ben curati.

Aiuola Santiago de Compostela
Aiuola Santiago de Compostela

Adesso, alla piazza, mancano una manciata di metri.

Chiamo mio marito. Voglio farlo partecipe, come se fosse qui con me e non distante chilometri. Mancano pochi metri, gli dico con voce rotta.

E poi ci sarà la piazza, questo ombelico che ci ha risucchiati. Complimenti, risponde, anche la sua voce è emozionata, ce l’hai fatta, brava.

guglie Santiago
guglie Santiago

Sì, ce l’ho fatta. E mi sento viva, come non mai.

Entrare in piazza è commozione. E’ un’onda di emozione pura che coinvolge e travolge tutti. La massa di persone è unita, respira all’unisono, si asciuga gli occhi e si abbraccia fondendosi in un unico corpo.

E’ la condivisione e la consapevolezza d’aver percorso insieme un tratto di cammino e di vita, il riconoscimento personale e generale d’aver superato limiti che ci eravamo imposti.

Puro appagamento fisico e spirituale. E’ vittoria e umiltà.

Il Botafumeiro, il più grande incensiere al mondo, oscilla sopra le nostre teste. La chiesa è stracolma, la sacralità del momento palpabile.

Eppure questo rito non ha niente di sacro, i pellegrini di un tempo arrivavano in chiesa dopo il lungo cammino e puzzavano talmente tanto che i preti per disperdere l’odore dei corpi si inventarono questa pratica.

L’incenso benediceva ma soprattutto profumava l’aria.

Botafumeiro
Botafumeiro – Photo credit: subherwal on Visualhunt / CC BY

Ora è un’attrazione, ma anche una tappa obbligatoria per chi ha fatto il cammino.

Santiago de Compostela Piazza
Santiago de Compostela – Photo credit: SamwiseGamgee69 on Visualhunt / CC BY-NC-SA

Mi rimane un’ultima cosa da fare. Mi metto in coda, la fila si snoda lenta, ho tempo di guardarmi intorno, sentire parlare dieci lingue contemporaneamente. Gli scalini che salgono dietro l’altare sono consunti, milioni e milioni di persone li hanno calpestati. Sopra c’è un busto rappresentante San Giacomo. Le persone abbracciano questo busto, lo baciano. Quando è il mio turno non so cosa fare, non mi viene di abbracciarlo e tanto meno di baciarlo, non sono così devota. Decido di toccarlo, poggio le dita su una spalla e i miei dieci secondi a disposizione sono finiti. Ma non lo è il percorso, si scende e poi si scende ancora. Sotto l’altare ci sono i resti di San Giacomo. Qui l’ambiente è più austero, semplice, senza ostentazioni di ori e gioielli. Mi sento molto  più a mio agio. Tiro fuori il sasso. Ora che lo devo lasciare mi dispiace, è stato un bravo compagno di viaggio. Ma una promessa è una promessa. Lo depongo in un angolo del pavimento assieme ad altri. Mi viene spontanea una preghiera di ringraziamento e perché no, male non può fare. Poi esco dalla cripta, non prima di essermi asciugata qualche lacrima.

Cammino Portoghese Espiritual
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